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La mia “nuova” vita in Inghilterra

  • 21 Agosto 2017
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Please, fasten your seat belts!

Quante volte avete sentito questa frase, mentre vi approcciavate a volare verso una destinazione straniera? Probabilmente, se siete dei frequent flyers, starete vivendo questo caldo invito con una naturalezza estrema, quasi con routine, come l’allacciarsi le scarpe ogni mattina.
Se invece steste prendendo l’aereo per la prima volta, starete probabilmente osservando con premura le dimostrazioni degli assistenti di volo sulle procedure e sui dispositivi di sicurezza, incollati al sediolino e buttando di tanto in tanto l’occhio al finestrino per recepire i segni di movimento.

Questa è la frase che decreta simbolicamente il distacco fra una terra e un’altra, mentre magicamente, da lì a poco, un pennuto meccanico di qualche tonnellata vi trasporterà, derapando fra le nuvole, in un altro posto.

Io ho allacciato quelle cinture il  1 agosto 2016, alle ore 10.05 per slacciarle due ore e mezza dopo nella “perfida” ma accogliente Albione, a Londra.
Uno scatto di una cintura ha sancito la mia nuova esperienza di vita in Inghilterra.
Alla fine l’Inghilterra, seppur sia un’isola, è abbastanza grande e non mi sono ritrovato a Londra come la maggior parte dei miei compaesani ma in una città sportivamente famosa delle East Midlands: Leicester.
Quella Leicester che è stata menzionata sui giornali e nei notiziari per l’impresa incredibile che ha perpetrato nella Premier League, nel 2016. Una città che probabilmente molti di voi conoscono solo per Mr. Ranieri e per le Foxes, ma che nella sua routine ha anche tanto altro.
Beh, è doveroso fare primariamente un appunto sulla corretta pronuncia di questo nome, poichè io stesso, la prima volta che lo visualizzai nella mia casella e-mail, ebbi difficoltà nel leggerlo senza imbarazzo.
Per gli esperti di fonetica (ma immagino che costoro, non abbiano di certo problemi nel pronunciarlo correttamente, anche senza traslitterazione) si legge così /ˈlɛstər/
Per tutti gli altri, la pronuncia è grossolanamente “Less-tahr”. Eh, sì… Prima di cimentarvi in lezioni di fonetica e filologia che “manco mio cugino che è Inglese e lavora a Cambridge”, sappiate che questa “ə” rappresenta un suono abbastanza complesso da pronunciare, ma molto comune in lingua Inglese. Si chiama “Schwa sound” e non trova analogie nella lingua italiana; essenzialmente, si tratta di una specie di “e” pronunciata in un intermezzo fra un rantolo e una pedante esclamazione di dissenso di un gentleman a cui viene servito un Sauvignon Blanc nel boccale della birra.

Tornando a noi…Da quel giorno, è passato un anno.
Sarà tanto, sarà poco, ma ogni giorno mi capita ancora di svegliarmi con quegli occhi di curiosità e incredulità che avevo i primi giorni di permanenza sul mio nuovo suolo e avrò di certo occasione per parlarvi delle differenze e delle similitudini che noto nella realtà quotidiana.
Probabilmente il me stesso di qualche anno fa, avrebbe faticosamente immaginato una cosa del genere, quasi un’utopìa, con un margine di realismo sensibilmente basso; eppure, per una strana eppur benedetta catena di eventi, eccomi qui, sotto la Union Jack gustandomi però il mio amato espresso home-made (perchè onestamente diciamocelo, è tutta un’altra cosa rispetto al tradizionale tè).
Insomma, lavoro qui facendo quello che sognavo di fare dai tempi che ero uno studentello (ossia lavorare come TSRM, ndr).
Il bilancio di un anno è assolutamente positivo. L’ospedale in cui lavoro ha un’ottima reputazione a livello internazionale nella diagnosi e cura delle patologie cardio-respiratorie e l’ambiente è piuttosto stimolante ed eterogeneo.
Dal punto di vista interpersonale e lavorativo, sono circondato da colleghi ben raccomandabili, l’equilibrio è sostanzialmente sereno anche in condizioni di stress e con grossi carichi di lavoro.
Verso il futuro ho delle incognite. Sì, certo, non ho idea di cosa mi aspetti, ma per ora sono in una condizione di serenità con una forte motivazione e la proiezione dello specializzarmi ancor di più nel mio settore. Non voglio vivere con la spada di Damocle del futuro, ma semplicemente concentrarmi nel presente e nel muovere i tasselli del puzzle che ho davanti, senza avere idea di come sarà l’elaborato finale.
Come qualcuno ben sà, la mia vita è attualmente all’insegna della “seremplicità” e va alla grande così.

Keep calm and seremplicità

 

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